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(slide 1 copertina)
Da sempre la disabilità può portare all’isolamento e comportare deprivazioni culturali e sociali dovute alla mancanza di adeguati stimoli culturali o all’impossibilità di svolgere determinate attività comunicative, quali ad esempio lo scrivere, il parlare o il leggere. Si tratta di una vera e propria forma di discriminazione che ha iniziato a vedere una sua tutela nelle diverse legislazioni statali solo sul finire dello scorso secolo (slide 2). La prime forme di tutela in questo campo sono infatti introdotte nel 1990 negli Stati Uniti d’America con l’American with disabilities act, prima legislazione che tutela i disabili da ogni forma di discriminazione, e vengono poi attuate in altri paesi anglosassoni dove vige il sistema della Common law, come l’Australia, la Nuova Zelanda, il Regno Unito.Successivamente (slide 3) anche la comunità internazionale si adegua con la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità (Convention on the Rights of Persons with Disabilities), approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 2006, che diviene uno strumento concreto per spingere tutti i legislatori statali a combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani in questo campo. In ordine specificamente all’aspetto dell’abbattimento delle barriere comunicative e culturali, a seguito di nuove legislazioni in questo settore sono stati introdotti in diversi Paesi servizi di ausilio ai non udenti per seguire le trasmissioni televisive e web, provvedimenti di sostegno alla Lingua dei segni e alla scrittura Braille, nonché sussidi e agevolazioni fiscali per l’acquisto di strumenti di supporto alla comunicazione. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, ricordiamo (slide 4) la legge n. 126 del 3 agosto 2007 recante «Istituzione della Giornata nazionale del Braille» e l’Atto Senato n. 302, ancora in corso di discussione, recante «Riconoscimento della lingua italiana dei segni». Inoltre, l’Unione europea ha recentemente avviato consultazioni per l’introduzione di un atto europeo sull’accessibilità (EAA) volto a migliorare il funzionamento dei mercati interni per prodotti e servizi accessibili (slide 5).Nel campo dell’abbattimento delle barriere culturali la stenotipia ha da sempre svolto un suo ruolo. Come ricordava il compianto prof. Gianpaolo Trivulzio nella sua poderosa monografia “Stenotipia” (slide 6) edita dall’accademia Aliprandi: «Sin dall’inizio della concezione stenotipica (…) gli inventori hanno pensato che la macchina per stenotipia potesse facilitare la comunicazione con i ciechi (…) e, di converso, che i ciechi potessero utilizzare la macchina per riprendere i discorsi, lasciando eventualmente la successiva trascrizione ad altri colleghi».Va anche sottolineato che proprio al sistema Michela, negli anni successivi al 1862, va forse fatta risalire la prima applicazione della stenografia come ausilio alle persone disabili (slide 7), prima ancora del suo debutto nel campo della resocontazione parlamentare (i primi modelli non disponevano infatti di strisce inchiostrate ma scrivevano dei segni a rilievo mediante appositi punzoni). Successivamente, (slide 8) anche la prima tastiera stenografica americana, inventata da Miles Bartholomew nel 1879, vedrà nel 1888 lo sviluppo di un’apposita versione per non vedenti. Sempre il prof. Trivulzio, ci ricorda, nell’opera sopra menzionata, come la diffusione di macchine stenografiche destinate alla scrittura veloce dei non vedenti risalga ai primi anni del 1900. Il metodo più diffuso (slide 9) consisteva nell’uso di tastiere Braille con abbreviazioni e sigle stenografiche. Seguendo il successo di queste tastiere, diverse persone furono addestrate all’uso delle normali macchine stenografiche (Stenotype, Grand Jean e Palantype) e negli anni ’50 in Francia fu organizzata la prima gara stenografica aperta anche ai ciechi (slide 10). Esempi di tale utilizzo li abbiamo anche oggi (slide 11); si pensi all’interessante rapporto «La professione di reporter parlamentare per le persone disabili» di Jenny Laval e Gert Sandig durante l’incontro IPRS del 2011, oppure a Miriam Martin Garcia, non vedente, che ha vinto due titoli Intersteno junior o anche al programma per non vedenti per tastiera Yawey.
Recentemente, (slide 12) i servizi di sottotitolazione basati su tastiere stenografiche sono divenuti popolari anche nel campo dell’istruzione superiore. (Come sappiamo, Velotype sta svolgendo un’esperienza importante in questo campo).
La tastiera Michela come dispositivo di comunicazione per persone disabili (slide 13)
Proprio dalla constatazione dell’importante connessione tra mondo della stenotipia e disabilità è nata l’idea del presente studio, volto a riportare alla luce alcuni specifici utilizzi della tastiera Michela che erano già stati previsti dal suo inventore ed a valutarne di ulteriori, alla luce delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. La nostra attenzione si è pertanto soffermata sulla valutazione delle potenzialità della tastiera Michela come sistema di input/comunicazione per portatori di handicap.
Occorre innanzitutto premettere che la Michela ben si presta a tale utilizzo in considerazione del fatto che una tastiera musicale, device molto più ergonomico rispetto alle comuni tastiere QWERTY in considerazione della larghezza e della conformazione dei tasti, può essere agevolmente utilizzata anche da portatori di handicap, come dimostrato da diverse esperienze nel campo della musicoterapia (slide 14). Va inoltre sottolineato che secondo lo specifico layout del sistema Michela (slide 15) ciascun dito può azionare non più di due tasti contigui e ciò agevola molto la scrittura cieca poiché i movimenti delle dita sono ridotti al minimo.
Come noto, il sistema Michela (concepito nel 1862) appartiene alla categoria delle tastiere stenografiche fonetiche (slide 16) (analogamente alle tastiere Stenotype, Grand Jean e Palantype) ed è forse il sistema fonetico per antonomasia. Nasce dagli approfonditi studi del professor Antonio Michela, che dedicò la vita alla ricerca di un alfabeto universale basato sulla rappresentazione dei suoni (slide 17). A differenza delle altre tastiere, la Michela è caratterizzata da un chiaro orientamento «fonografico» e «universale»; ciò è immediatamente ravvisabile dal suo layout, specificamente studiato per rappresentare sillabe e fonemi piuttosto che parole, e dalla presenza di svariati suoni (slide 18) palatali (y), velari (w, ng), interdentali (th), diacritici (Ü), dittongali (oi), semivocalici (oui) e silenziosi (e muta) non presenti nella lingua italiana e tipici di altri idiomi. Il sistema (slide 19) è in grado di produrre un complesso di 37 fonemi (26 suoni consonantici e 11 suoni vocalici) nelle quattro diverse posizioni in cui possono trovarsi all’interno di una sillaba (slide 20): incipit/onset (che, come noto, può essere formato da uno o due suoni consonanti), nucleo e coda. Alcune combinazioni di tasti (slide 21) possono assumere valori diversi per adattarsi meglio alle caratteristiche fonetiche di altre lingue, come previsto dall’inventore nel suo manuale del 1882. Tale insieme di fonemi corrisponde, in larga misura, (slide 22) ai suoni nella cosiddetta trascrizione ampia (o semplificata) dell’alfabeto fonetico internazionale (IPA) e consente di rappresentare adeguatamente la maggior parte dei suoni delle lingue più comuni.
Dispositivo di comunicazione vocale per persone mute o con disturbi del linguaggio (slide 23)
Uno degli obiettivi iniziali dello studio in oggetto è stato quello di sperimentare la possibilità di vocalizzare i fonemi prodotti dalla tastiera di Michela per verificarne l’utilizzo come dispositivo di comunicazione per persone mute. A tal fine, si è ritenuto opportuno utilizzare il software Total Eclipse come strumento di studio, considerata la sua grande versatilità, sebbene i medesimi risultati siano replicabili anche con altri software. Per far sì che il computer vocalizzi i fonemi prodotti con la tastiera stenografica, sarebbe stato senz’altro possibile inviare l’output del decritter fonetico ad un software text to speech. Si è però preferito utilizzare la possibilità offerta da Eclipse di associare alla traduzione di ogni definizione del dizionario stenografico anche la riproduzione di un file audio, ciò al fine di consentire una vocalizzazione dei fonemi sincrona con la loro digitazione. Una perfetta sincronizzazione tra scritto e parlato può infatti agevolare la comprensione dei fonemi da parte delle persone disabili e può anche consentire la prosecuzione di alcune sperimentazioni del sistema nel campo della logopedia (slide 24), tema affrontato in occasione del convegno organizzato dall’Associazione FIDAPA 2010 «Progetto Michela – problemi di lingua e apprendimento». È stato pertanto realizzato sperimentalmente un insieme di 1.600 voci (slide 25) corrispondenti ai suoni sillabici più frequenti nella lingua italiana, ai quali sono stati associati i rispettivi suoni sotto forma di file wav. Oltre a essere in grado di riprodurre suoni e fonemi, il sistema può anche rappresentare a video la struttura fonemica utilizzando i simboli dell’alfabeto fonetico internazionale (IPA). Vi mostriamo ora un breve video dimostrativo del dizionario vocale per la lingua italiana (potrebbe sembrare che lo stenografo stia scrivendo un discorso standard, ma in questo caso il processo è invertito: è il computer che vocalizza ciò che lo stenografo sta scrivendo) (video 26).
Con questo sistema, disponendo di un numero adeguato di file wav, è possibile idealmente riprodurre il suono di tutte le 81.796 strutture fonemiche rappresentabili con la tastiera di Michela e quindi realizzare un sistema di comunicazione universale per persone con handicap linguistici. Questo video mostra la vocalizzazione di frasi semplici in diverse lingue. (Video 27). Come potete constatare, il problema prevalente è la velocità, poiché il lettore wav integrato di Eclipse non riesce al momento a tenere il passo con la traduzione effettiva delle note stenografiche. (al momento non è pertanto ancora possibile scrivere a velocità oratoria senza pregiudicare la vocalizzazione dei fonemi). Per evitare questo problema, sarebbe necessario aumentare la velocità di riproduzione del file wav (senza modificare l’intonazione) all’aumentare della velocità di scrittura. Infine, poiché la tastiera Michela attuale utilizza il protocollo di comunicazione MIDI che, come noto, è in grado di registrare anche la forza (codici “pression” & aftertouch”) con cui vengono premuti i tasti, sarebbe ragionevole utilizzare tale funzione per modificare il tono della voce in relazione alla pressione esercitata sui tasti.
Dispositivo di scrittura per persone cieche o con disabilita’ visive (slide 28)
La seconda fase di questo studio ha approfondito una delle prime applicazioni del sistema di stenotipia Michela, accuratamente descritta (slide 29) dall’inventore nel suo primo brevetto. Come detto, le prime tastiere Michela non producevano strisce inchiostrate, poiché i segni stenografici erano impressi mediante una serie di punzoni, e quindi erano simili ai caratteri Braille (slide 30) (sistema concepito nel 1829 e già abbastanza diffuso in quegli anni). Questi segni erano noti per la loro alta leggibilità, poiché Antonio Michela aveva pensato a un sistema semplificato basato su soli sei semplici caratteri; analogamente a quanto aveva fatto Louis Braille (la cella Braille è costituita da soli sei punti). I primi risultati applicativi del sistema Michela alla scrittura dei non vedenti furono molto promettenti, tuttavia, in seguito all’introduzione dei primi modelli di tastiera in grado di produrre caratteri stampati, ed loro debutto nelle assemblee più prestigiose del tempo (slide 31), il sistema incontro un successo immediato nel campo della resocontazione parlamentare (dove è ancora utilizzato fino ad oggi) e questa specifica applicazione passò in secondo piano.
Come primo passo di tale applicazione (slide 32) la tastiera Michela è stata dotata di simboli Braille su ciascun tasto per facilitare l’identificazione dei rispettivi fonemi. È stata anche realizzata una striscia stenografica con caratteri Braille (slide 33) per valutare la comprensione della scrittura sillabica da parte degli ipovedenti. Come detto, per consentirne l’utilizzo da parte dei ciechi, il sistema originale utilizzava punzoni e le sillabe erano scritte come sequenze di punti, da sinistra a destra. Si è pertanto deciso di replicare le originali strisce stenografiche con scrittura a secco, sostituendo però i caratteri Michela con i corrispettivi caratteri Braille al fine di rendere più facile l’interpretazione dei fonemi ai non vedenti.
I risultati di tale sperimentazione sono stati sottoposti a diverse associazioni di tutela delle persone non vedenti o ipovedenti (slide 34) durante un incontro organizzato dal Senato italiano, tenutosi lo scorso 21 febbraio, in occasione della Giornata nazionale del Braille. In quella sede, oltre ad una dimostrazione del sistema, sono state effettuate delle prove di scrittura da parte dei numerosi presenti, portatori di svariati handicap visivi (slide 35). Dalle prove effettuate in quella sede non sono emerse particolari difficoltà nell’interpretazione dei segni Braille scritti in modo sillabico.
La seconda fase di questa sperimentazione ha approfondito la possibilità della tastiera Michela di produrre sequenze di parole piuttosto che sillabe, al fine di utilizzarla come sistema di input veloce dei testi (in caratteri normali o in Braille) in una varietà di applicazioni di scrittura e messaggistica per persone non vedenti o ipovedenti. A tale scopo, è stata sviluppata una specifica teoria ortografica (slide 36), poiché valutata più adatta a questo fine rispetto alla teoria fonetica standard, essendo più facile da apprendere e potendo funzionare anche senza un dizionario e un sistema di abbreviazioni. I sistemi ortografici pur non conseguendo le medesime prestazioni dei sistemi fonetici in termini di velocità di ripresa, consentono infatti prestazioni di tutto rispetto per tali applicazioni e comunque molto superiori rispetto a quelli ottenibili con una tastiera QWERTY standard.
La creazione di una teoria ortografica per l’italiano è resa poi piuttosto agevole dal fatto che è una lingua cosiddetta trasparente (al pari dello spagnolo, del tedesco, del finlandese, dell’ungherese e del serbo-croato) e quindi, a differenza delle c.d. lingue opache (inglese, francese eccetera) tutti i suoni delle parole trovano una loro espressione grafica (ad ogni grafema corrisponde un fonema).
Con il sistema ortografico in questione, (slide 38) qualsiasi operatore, dopo un periodo di allenamento di circa venti/trenta ore, è in grado di scrivere qualsiasi parola. Inoltre, dopo un ulteriore periodo di adeguato addestramento, un operatore medio può raggiungere una velocità standard di circa 300 sillabe al minuto. Per gli operatori più esperti è stato anche sviluppato un sistema di abbreviazioni di termini e particelle ricorrenti (prefissi, preposizioni articolate, suffissi e gruppi vocali-consonante presenti all’inizio o alla fine delle parole) che consente di aumentare ulteriormente la velocità di scrittura (potenzialmente oltre le 300 sillabe al minuto). Come evidente, si tratta di velocità più che adeguate per l’input di testi o sistemi di comunicazione verbale. Sono stati inoltre sviluppati dizionari sperimentali per la scrittura ortografica in altre lingue, insieme all’uso di caratteri Braille (slide 39).
Con tali implementazioni (teoria di scrittura ortografica, vocalizzazione dei suoni dei fonemi e rappresentazione dei caratteri Braille), collegando il sistema ad un display e ad un sistema di amplificazione è possibile scrivere sillabicamente con il sistema Michela in modalità ortografica e visualizzare i caratteri su un display grafico o Braille, ascoltando il suono dei fonemi che compongono la parole mentre queste vengono digitate (video 40).
Emulazione di una tastiera braille-perkins (slide 41)
Tra i molti quesiti posti a seguito della dimostrazione del sistema durante la Giornata sul Braille svoltasi al Senato diversi si sono concentrati sulla possibilità di utilizzare la tastiera Michela non solo come un normale terminale di scrittura ma anche come terminale Braille. Si è infatti constatato come una parte abbastanza consistente dei non vedenti, sia in Italia che all’estero, è abituata ad utilizzare per l’immissione dei testi le cosiddette tastiere dattilo-Braille o Perkins. A differenza delle normali tastiere (slide 42), le tastiere dattilo-Braille non dispongono di un tasto per ogni carattere ma sono dotate di soli sei tasti, corrispondenti ai sei punti della matrice Braille, più alcuni tasti aggiuntivi per indicare lo spazio, il backspace e il ritorno carrello. Per ottenere un carattere l’operatore deve premere simultaneamente i tasti che corrispondono ai punti necessari per formare, secondo il linguaggio Braille, quel determinato carattere. A seguito dell’interesse suscitato e delle richieste ricevute, si è pertanto ritenuto di sviluppare una specifica teoria per l’emulazione della tastiera Braille-Perkins mediante tastiera Michela. L’uso di tastiere musicali per sistemi Braille non è un’idea innovativa poiché (slide 43) anche una delle prime tastiere Braille ad apparire sul mercato, la Hall-Braille del 1892, usava piccoli tasti di pianoforte; ed è proprio ispirandosi a detta tastiera che si è realizzata tale emulazione.
Il primo layout che è stato sviluppato (slide 44) emula il classico layout della tastiera Perkins-Braille. In questo caso i 6 tasti neri interni sulla tastiera Michela corrispondono ai segni della matrice Braille «3», «2», «1», «4», «5», «6» (equivalenti ai simboli ), insieme ai due tasti bianchi interni aggiuntivi «U» e «u», che vengono usati come barra spaziatrice. I tasti neri esterni «F» ed «f» sono stati invece usati per indicare i tasti ritorno carrello e cancellazione (comandi normalmente presenti sulle tastiere dattilo-braille).
Con il secondo layout (slide 45) ci si è posti lo scopo di aumentare la velocità di scrittura in Braille, emulando la presenza di due tastiere dattilo-Braille affiancate tra loro, una nella emitastiera sinistra e una nella emitastiera destra della tastiera Michela. ). In questo caso verranno utilizzati tutti i sei tasti bianchi dell’emitastiera sinistra («S», «C», «P», «R», «I», «U»), per emulare i tasti «3», «2», «1», «4», «5», «6» della prima tastiera Perkins (equivalenti ai simboli ) e tutti i sei tasti bianchi dell’emitastiera destra («u», «i», «a» «p», «c», «s»), per emulare i tasti «3», «2», «1», «4», «5», «6» della seconda tastiera Perkins (sempre equivalenti ai simboli ). Lo «spazio» verrà ottenuto premendo uno qualsiasi dei tasti neri di entrambe le due emitastiere insieme a qualsiasi combinazione degli altri tasti. Come si può intuire, questo metodo, soprannominato amichevolmente “Stenobraille”, può consentire la scrittura di due caratteri braille alla volta, ma anche l’uso della tastiera sinistra per indicare l’attributo grafico del carattere successivo, secondo le regole tipiche del sistema Braille (maiuscolo, numero, alfabeto greco, espressione matematica, ecc.), con evidenti vantaggi in termini di velocità di scrittura rispetto alle convenzionali tastiere dattilo-Braille.
Ulteriori sviluppi (slide 46)
I primi risultati di questo studio hanno evidenziato la grande versatilità della tastiera di Michela come base per realizzare sistemi di comunicazione per persone disabili di facile utilizzo. Ciò è in parte dovuto al numero limitato di tasti (è la tastiera stenografica con il minor numero di tasti al mondo) e alle sue caratteristiche ergonomiche (tastiera musicale). Quest’ultima caratteristica (slide 47) facilita notevolmente la costruzione di tastiere Michela partendo da semplici ed economiche tastiere musicali MIDI ed eliminando semplicemente i tasti in sovrappiù. Ad esempio, in questa slide (slide 48) è possibile osservare uno studio sperimentale per un sistema “splittabile” ad emitastiere separate che, oltre a migliorare la portabilità, consente di lasciare uno spazio maggiore tra le mani (per posizionare uno schermo o un testo).
È stato inoltre condotto uno studio collaterale volto ad un’ulteriore semplificazione ed alla creazione di una tastiera “a mano singola” ” (single handed keyboard), per gli utilizzi più svariati. Normalmente, le tastiere alfanumeriche a mano singola (slide 49) sono costituite da un minor numero di tasti da azionare con una sola mano (ad esempio, tastiere Frogpad, Maltron e Twiddler). Seppure tali dispositivi siano definiti “tastiere ad accordi”, sono comunque tastiere alfanumeriche, poiché ad ogni tasto, o a qualsiasi combinazione di essi, corrisponde sempre un singolo carattere (i caratteri mancanti sono ottenuti mediante combinazioni di tasti). Partendo dal sistema ad emitastiere separate di cui sopra, è stato pertanto realizzato un dispositivo dotato di soli 10 tasti (slide 50) (corrispondente alla emitastiera sinistra del sistema Michela), al fine di realizzare una tastiera a mano singola ad accordi di tipo multicarattere-sillabico. Con esso (di fatto la prima tastiera stenografica a mano singola) è possibile rappresentare non solo singoli caratteri ma anche gruppi di caratteri o sillabe semplici. Questo dispositivo, per le sue caratteristiche, è stato soprannominato “Syllabox”.
L’uso di una sola delle due tastiere Michela ha reso necessario apportare piccole modifiche al layout (slide 51), come ad esempio il posizionamento della terza serie vocalica della Michela in sostituzione della seconda serie. Pertanto, la tastiera in oggetto è costituita da una prima serie per rappresentare i suoni consonantici e da una seconda serie per rappresentare le vocali. Ad ogni battuta è quindi possibile scrivere una singola consonante, una singola vocale o un gruppo consonante-vocale (CV). Secondo una recente ricerca (slide 52) del Dipartimento di Scienze linguistiche dell’Università Ca ‘Foscari di Venezia: «La sillaba “meno marcata” del linguaggio umano, cioè quella più semplice e più comune, è quella con struttura CV (consonante vocale). Essa è:
– la più frequente (in italiano circa il 60 per cento delle sillabe ha questa struttura);
– quella che i bambini acquisiscono per prima (pa.pà ta.to be.ne)
– l’ultima che gli afasici perdono;
– l’unica presente in tutte le lingue del mondo».
Pertanto una tastiera con layout CV è probabilmente la più adatta per la realizzazione di un sistema di scrittura semplificato.
Anche in questo caso è stata sviluppata una specifica teoria ortografica per rappresentare con una sola battuta, oltre ai gruppi CV, anche alcuni dittonghi e gruppi CC (consonante-consonante), nonché caratteri in maiuscolo, caratteri numerici (insieme ovviamente allo spazio finale tra le parole). Inoltre, sono state previste alcune abbreviazioni per scrivere le poche parole monosillabiche che in italiano terminano per consonante (es: «il», «un», «per», «con», «ad», «in», etc.).
L’operatore sarà quindi in grado di scrivere in una battuta singole lettere, sillabe con struttura CV e alcune sillabe ricorrenti con struttura CCV o CCV + dittongo. Le restanti sillabe con struttura VC (vocale-consonante), o altri tipi di gruppi CCV saranno scritti in due o tre battute, assicurandosi di scrivere sempre i gruppi CV in una sola battuta [1].
Utilizzando questo dispositivo tutte le parole italiane costituite da gruppi CV possono essere scritte con una sola mano e con meno della metà delle battute necessarie con una normale tastiera QWERTY (e con due mani). Altre parole più complicate richiedono battute aggiuntive, ma il loro numero è sempre molto inferiore a quello richiesto con una tastiera QWERTY standard. Qui possiamo vedere un piccolo demo del Syllabox in azione (video 55).
Anche la tastiera «Sillabox», analogamente ai casi precedenti, potrà essere dotata di un dizionario vocale, divenendo così un sistema di vocalizzazione portatile per i portatori di handicap del linguaggio e, considerate le ridotte dimensioni, anche indossabile, oppure essere utilizzata come sistema di input ad una mano ed a scrittura cieca per svariate applicazioni: immissione testi al personal computer da parte di persone normodotate o disabili; sistemi di input alfanumerici nei casi in cui lo spazio sia limitato; sistemi di input a scrittura cieca per la realtà virtuale (286 comandi monobattuta disponibili).
In questo video una breve dimostrazione di Syllabox come dispositivo indossabile (Video 57).
(Slide 58) Cari amici, grazie per la vostra cortese attenzione e per la vostra pazienza. Speriamo di non avervi annoiato troppo con questa presentazione. Rimaniamo disponibili per qualsiasi domanda.
[1]Le parole con sillabe di tipo CV sono molto frequenti nella lingua italiana. Pensiamo ad es. alle parole «valore», «finito», «tipici», «felice», «indicato», «comunicami» etc. Queste parole potranno essere scritte con una mano e con meno della metà delle battute che sarebbero richieste per scriverle con due mani su una tastiera ordinaria. Ad es. la parola «comunicami» (11 battute incluso lo spazio finale) verrà scritta: CO/MU/NI/CA/MI (il grassetto indica lo spazio finale incorporato nell’indicazione della sillaba) e quindi in 5 battute, incluso lo spazio finale (anziché nelle 11 che sarebbero necessarie con la tastiera QUERTY); «adesione» verrà scritta: A/DE/SIO/NE (4 battute contro 9). Le sillabe restanti con struttura VC (vocale-consonante), CCV, CVC o CCVC verranno invece scritti in più battute, avendo cura di scrivere sempre in un’unica battuta i gruppi CV. Di seguito alcuni esempi, con indicati a fianco i risparmi in termini di battute rispetto ad una tradizionale tastiera QWERTY: «consegnato» = CO/N/SE/GNA/TO (6 contro 11); «attrattiva» = A/T/RA/T/TI/VA (7 conto 11); «inspiegabile» =I/N/S/PIE/GA/BI/LE (7 contro 13); («valorizzazione» = VA/LO/RI/Z/ZA/ZIO/NE (7 contro 14).